Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 4 ottobre 2005 Il Living Placet Report 2004 definisce l’impronta ecologica come una variabile che misura il consumo delle risorse naturali da parte degli uomini paragonandola alla capacità della natura di rinnovare queste risorse. L’impronta di un paese è l’area totale richiesta per produrre gli alimenti e i materiali fibrosi e per assorbire i rifiuti dell’energia che questo paese consuma, nonché per fornire lo spazio per le infrastrutture. Nel 2001 l’impronta ecologica globale era di 13,5 miliardi di ettari globali, pari a 2,2 ettari pro capite (un ettaro globale è quello con produttività pari alla media globale). Nello stesso anno l’area produttiva della biosfera era di 1,8 ettari globali pro capite, vale a dire che l’impronta ecologica superava la biocapacità globale di 0,4 ettari pro capite, cioè del 21%. Variando in funzione della crescita della popolazione (continua), dell’uso e consumo delle risorse (variabile ma in crescita globale), della diminuzione delle foreste e dei territori in grado di “assorbire” CO2 ed inquinanti, è chiaro che non mutando significativamente lo stile di vita l’impronta globale sarà sempre più grande, a scapito della capacità della terra di rinnovare le proprie risorse a beneficio delle future generazioni. Secondo il maggior studioso mondiale di impronte ecologiche, Mathis Wackernagel, “l’umanità sta consumando il capitale naturale invece di sfruttarne gli interessi”. Pur essendo un indice non condiviso da tutti gli scienziati, l’impronta ecologica segnala come le cose stanno evolvendo, suggerendo i possibili interventi al riguardo. Ponendo il concetto di sostenibilità in termini semplici e concreti, l’impronta ecologica ci consente di delineare uno scenario intuitivo dei requisiti fondamentali della sostenibilità ecologica. Quest’analisi ridimensiona l’azione locale in una prospettiva globale, dimostrando che gli impatti sociali ed ecologici vanno a colpire zone anche lontanissime da casa nostra. E’ dunque uno degli strumenti più comprensibili che vanno nella direzione di tenere in debito conto le risorse, consentendoci di avere uno strumento facilmente comunicabile. Le misurazioni degli aspetti biofisici sono complementi indispensabili degli studi economici e permettono agli economisti di identificare il punto nel quale la crescita economica, in un pianeta limitato, diventa impossibile. Vi è anche una questione morale: se la cosiddetta civiltà occidentale consuma, con un quinto della popolazione mondiale, oltre l’80% delle risorse naturali del pianeta – ovvero la nostra ricchezza naturale, il vero sostegno delle nostre esistenze – è evidente che si impedisce alla maggioranza della popolazione mondiale, vista la scarsità delle risorse a disposizione, di poter crescere a loro volta aspirando ad una qualità della vita migliore dal punto di vista materiale. Se un italiano medio consuma il doppio del territorio a sua disposizione, significa che da qualche altra parte del mondo qualcuno dovrà rinunciare al territorio di propria spettanza. Inoltre, con lo stile di vita moderno si accumulano debiti ecologici inaccettabili che graveranno pesantemente sulle vite delle future generazioni di abitanti del pianeta, qui e nel resto del mondo. L’ecologo Garrett Hardin, riprendendo l’opinione di Aristotele secondo cui “ciò che è in comune tra il maggior numero di individui riceve il minimo di attenzione” ha evidenziato le conseguenze derivanti da un eccessivo sfruttamento delle risorse planetarie. La sfida dell’economia dovrà dunque diventare quella di ottimizzare la qualità della vita mantenendo o riducendo al tempo stesso le impronte ecologiche a livelli sostenibili. Il calcolo dell’impronta ecologica è stato realizzato anche in Trentino dal Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università di Trento e lo studio è stato raccolto nella pubblicazione “La valutazione della sostenibilità: l’impronta ecologica e lo spazio ambientale” (P.Mattolin, 2001) quale parte del progetto per lo sviluppo sostenibile del Trentino. A fronte di un’impronta media di ogni italiano pari a (dati 1998) 4,14 ettari, contro i 2,2 ettari per abitante della media mondiale (dunque ogni italiano consuma il doppio delle risorse di cui necessita per vivere!), l’impronta media di ogni trentino si è dimostrata ancora più elevata. E questo nonostante il territorio della nostra provincia sia coperto per oltre il 50% da boschi. Secondo i vari modelli di calcolo adottati (ben tre) l’abitante medio del Trentino ha un’impronta che va da 2 a 3 volte il valore della biocapacità mondiale media disponibile. “Il deficit più importante – si legge nel Quinto rapporto sullo stato dell’ambiente edito dalla Provincia nel corso del 2004 – si registra ancora per le emissioni di anidride carbonica derivante dal consumo di combustibili fossili: sarebbero necessari ancora 1,48 ettari/abitante per assorbire le 6,76 tonnellate di anidride carbonica di cui ogni trentino è responsabile in media”. Parole della Provincia! Dunque si comprende bene come lo sviluppo del Trentino sia insostenibile dal punto di vista ambientale. Una tesi che viene ulteriormente rafforzata dal recentissimo studio internazionale (edito nella primavera 2005) denominato “MARS – Monitoring the Alpine Regions’ Sustainability” realizzato grazie al Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale attraverso l’iniziativa comunitaria Interreg III B, dal quale emerge chiaramente come molte altre regioni alpine siano più avanti della nostra nel percorso della sostenibilità ambientale. Le impronte ecologiche possono essere ridotte aumentando la produttività ecologica, migliorando l’efficienza dell’utilizzo delle risorse e riducendo i consumi. Le valutazioni biofisiche consentono di rendere le attività economiche più competitive e la sostenibilità produttiva può determinare il vantaggio competitivo sul mercato. Investire in sostenibilità ambientale è dunque conveniente anche da un punto di vista economico. Le attività che vanno a beneficio dell’ambiente hanno in genere costi sociali ridotti e alla fine ripagheranno le aziende e la società tutta. Aggiungendo valore alle risorse, ai processi ed ai prodotti per mezzo della sostenibilità le aziende possono quindi garantirsi il successo economico e diventare leader dello sviluppo sostenibile. Affinché il principio di sviluppo sostenibile tanto caro a molti esponenti politici – anche a livello locale - non si traduca in una promessa vuota di fondamento è necessario adottare una serie di interventi per rendere più efficiente dal punto di vista ecologico la nostra società e la nostra economia. Ad esempio, per il tramite del potenziamento del fondo per lo sviluppo sostenibile dei Comuni, ma anche attraverso la creazione di un pacchetto di provvedimenti coordinati, finanziati dalla Provincia, nell’ottica di rendere più efficiente da un punto di vista ecologico il sistema produttivo trentino. Inoltre, stimolando la Provincia, i suoi enti funzionali e tutti gli altri Enti pubblici ad investire risorse al fine di rendere i propri edifici ed il proprio parco automezzi più efficienti dal punto di vista energetico ed ecologico. Poiché, come abbiamo visto, si può ridurre l’impronta media aumentando la produttività degli ecosistemi (o proteggendo quelli in pericolo), la Provincia potrebbe impegnarsi ad acquisire la proprietà o i diritti d’uso di una vasta area di foresta pluviale, al fine di ridurre la nostra impronta ecologica, di contribuire a salvare un tratto dell’ambiente più importante della Terra dallo sfruttamento intensivo e distruttivo e di prestare persone e risorse trentine allo sviluppo sostenibile di aree impoverite del pianeta. Insomma, con intelligenza e fantasia si può innovare il Trentino rendendolo migliore qui ed ora ma con benefici diretti ed indotti su tutto il pianeta. Come afferma lo slogan della Conferenza mondiale di Rio de Janeiro: “pensare globalmente ed agire localmente”. Tutto ciò premesso, il Consiglio impegna la Giunta provinciale 1. a pianificare su un arco temporale adeguato un processo di riduzione dell’impronta ecologica dei trentini sull’ecosistema, che coinvolga tutti gli enti pubblici ed il sistema delle imprese; 2. a divulgare ai cittadini – in particolare alle giovani generazioni – il concetto di impronta ecologica e le conoscenze e competenze necessarie per ridurre il nostro peso sulle risorse del pianeta Terra. Cons. prov. Roberto Bombarda
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